La Campagna cronache e leggende

Figlio delle Tenebre

Era una bella serata a Falwur, il sole era da poco tramontato e il vecchio fabbro stava per chiudere la sua bottega. Entrò nella fucina, portando le pesanti armi che aveva in esposizione all’interno del negozio: quando riuscì, sudato e affaticato per il duro lavoro del giorno, trovò una persona incappucciata ad attenderlo, “un guerriero” pensò il fabbro notando la splendida armatura. L’uomo stava analizzando una lancia da cavaliere, un lavoro a cui il fabbro aveva lavorato mesi addietro, ma che nessuno aveva ancora acquistato: erano pochi infatti i cavalieri che compravano armi del genere da un semplice fabbro di un paese di provincia. “Quanto desideri per quest’arma?” chiese il guerriero a voce bassa. “Mi spiace” rispose il fabbro prendendo la lancia e portandola all’interno della fucina “ma questa arma è stata già prenotata da un cavaliere, un Figlio della Luce”. “Chissà forse riesco ad alzargli il prezzo” pensò l’armaiolo “tanto l’uomo che me l’aveva ordinata non si è fatto più vedere”. “Quel bravuomo che me l’ha richiesta” disse allora, cercando di alzare il prezzo “mi ha lasciato anche parecchie monete d’oro in acconto. Però per 15 monete d’oro sarei disposto a lasciarvela Sir”. Il fabbro posò a terra la lancia all’interno della fucina e si girò, cercando di tenere un’espressione che non tradisse la sua contentezza per il fatto che presto si sarebbe liberato di quella costosa e invendibile arma. Si trovò davanti il guerriero con la spada sguainata, una spada nera come la notte. “Ecco il resto che ti dovevo mortale” disse il guerriero, e con un semplice, netto movimento del braccio decapitò il fabbro. La testa dell’uomo rotolò per qualche metro prima di fermarsi. Il guerriero rinfoderò la lama, prese la lancia e con passo lento e deciso si diresse all’esterno della bottega: là un cavallo nero, più scuro della notte stessa lo attendeva. Legò la lancia alla sella e salì sul cavallo, spronandolo verso nord. Galoppò tutta la notte all’interno della Foresta dei Rovi, fino a giungere all’ingresso di una piccola grotta artificiale: era ormai l’alba quando il guerriero discese le scale che portavano nei sotterranei di quel tempio nascosto. Attraversò diverse stanze, tutte impregnate di un’aura di morte: scheletri di uomini morti mesi orsono, alcuni uccisi dalla sua stessa spada, erano ancora a terra dove li aveva visti l’ultima volta. Infine arrivò in un enorme, buio salone: la torcia che portava con se illuminò la grande statua di Nerull che dominava la stanza. Il guerriero arrivò in prossimità dell’altare posto davanti alla statua del Dio dei Morti, e vi si inginocchiò. Il giuramento di Kurtan a Nerull“Nerull, Signore della Morte” disse “io Kurtan di Mistralia, richiedo la vostra protezione. Sarò vostro servitore, vostra mano e vostra spada, colpirò i vostri nemici, e porterò la morte e la distruzione su queste terre in vostro nome”. Nel silenzio della stanza l’unico rumore udibile era quello della torcia crepitante. Kurtan rimase immobile per minuti interi, attendendo un segno. Ad un tratto la torcia si spense: il buio più totale lo avvolse, un buio che per il guerriero era quanto di più bello potesse esistere. La notte e l’oscurità era il suo regno ora che la sua vita era terminata ed era iniziata la sua non-vita; si era lasciato alle spalle tutta la sua vita passata, ora rimaneva solo un motivo per la sua esistenza: la vendetta! La vendetta nei confronti di coloro che lo avevano abbandonato in battaglia, lasciandolo nelle mani di Crovax: Kurtan aveva ora un solo motivo d’esistenza, rendere la vita di quei traditori un inferno. Preso da questi pensieri Kurtan quasi non si accorse che la sua spada brillava ora di una luce rosso sangue, la stessa aura sanguigna che stava circondando la statua di Nerull nel salone. In quel momento Kurtan ebbe la certezza che Nerull aveva ascoltato le sue preghiere: udì una voce nella testa, un’unica semplice richiesta per sugellare quel patto, una richiesta da parte del Dio della Morte che avrebbe reciso gli ultimi legami d’affetto che ancora lo legavano alla vita. “Sì” rispose a voce alta “lo farò.” Ringraziò silenziosamente il Dio della Morte mentre la statua ritornava un ammasso di rocce inerti e ritornò verso la superficie. Arrivato all’ingresso si fermò: all’esterno il sole illuminava la foresta, e quella luce gli procurava un dolore indicibile. “Ma presto calerà la notte amica” disse “e allora potrò proseguire la mia vendetta”. Sul viso di Kurtan comparve un ghigno malefico. Un nuovo Figlio delle Tenebre era nato a Flanaess.