La Campagna i personaggi [by Dionix]

Merryl Gettaciottoliby Dionix

Merryl GettaciottoliINFANZIA
Merryl Gettaciottoli nacque 23 anni fa da Correl PignaNaso e Lila PassoLungo, che a quei tempi dimoravano da almeno 6 anni insieme alla loro comunità nel villaggio halfling di SopraMonte [Nella parte est delle Tusman Hills].
A voler essere precisi dovremmo chiamarlo Merryl PignaNaso, ma credo che ben pochi fra gli abitanti del suo villaggio capirebbero subito di chi state parlando se chiedeste di lui usando il nome di famiglia… anzi, a dir la verità probabilmente i figli di Merryl diventeranno dei Gettaciotoli pure loro, tanto il soprannome è ormai in uso nella nostra comunità! Non so chi per primo glielo diede, forse fu il vecchio Urrin ScorzaDura quando lo sorprese a infastidire i maiali del suo recinto, o forse risale al giorno in cui lui e suo cugino Mat PièVeloce litigarono per conquistarsi le attenzioni di Lena PelleChiara; sta di fatto che in entrambe le occasioni, e anche in molte altre, Merryl dimostrò la propria abilità con le pietre, al punto che quando era ormai prossimo a lasciare il villaggio erano poche le persone che non cercavano un riparo sicuro quando raccoglieva un sasso con la sua aria di sfida.
A ragion del vero dobbiamo dire che questi episodi raramente nascevano per colpa sua; tuttavia la sua capacità di mettersi in situazioni complicate era proverbiale.

ETA’ PRIMA
Appena raggiunta l’EtàPrima Merryl iniziò a lavorare come artigiano presso suo zio Erron PieVeloce, l’unico fabbro della comunità, dedicandosi principalmente alla realizzazione di strumenti di ferro battuto come lanterne, serrature, catene, lucchetti, chiavi, scalpelli e piccoli utensili; del resto l’economia del villaggio non richiedeva la produzione di pesanti spade, ingombranti armature o solidi scudi. Fu forse proprio quando osservò suo zio che progettava e costruiva il primo GloboScoppiaBrilla, per la festa del villaggio, che ereditò da lui l’amore per tutti i meccanismi che fanno luci, botti e cose strane: da quel giorno provò spesso a costruire strani congegni, senza –che io sappia- tuttavia riuscire mai a creare alcunchè di utile o anche solo funzionante.
Anche i racconti di Bitto SenzaTetto avevano su di lui un grande ascendente: Bitto era l’unico halfling del villaggio che di tanto in tanto spariva per intere settimane, e al ritorno era sempre ricco di avventure da raccontare piene zeppe di personaggi strani, mostri magici, oggetti fatati e immensi tesori (erano decisamente questi ultimi due elementi a farlo spesso fantasticare ad occhi aperti sul mondo esterno).
Passava molto del suo tempo libero nella foresta con i suo tre fratelli maggiori, Perrin, Farup e Tamil: insieme adoravano andare a caccia di conigli, lepri e piccoli uccelli, che poi portavano orgogliosi alla madre Lila affinchè preparasse loro un pasto saporito.
Fu proprio in una di queste battute che gli capitò di vedere in lontananza una specie di combattimento tra gente alta: era nascosto insieme ai fratelli vicino a una delle uscite della tana di una lepre che avevano inseguito per centinaia di passi senza riuscire mai a raggiungere, quando all’improvviso passarono a pochi metri da loro quattro cavalieri, e subito dopo altri cinque o sei che parevano al loro inseguimento. All’improvviso dalla mano di uno degli inseguitori uscì un bagliore accecante, e pochi istanti dopo due dei quattro cavalieri giacevano morti a terra. Tremando dalla paura Merryl corse verso casa insieme ai fratelli il più velocemente possibile, ma non credo riuscì mai a dimenticare quel bagliore.
Fu forse proprio quell’incontro casuale che gli diede il coraggio di prendere la decisione di lasciare il villaggio: un giorno, salutati amici e parenti, raccolse le poche cose che riteneva gli sarebbero servite e si diresse deciso verso sud, non sapendo nemmeno lui dove andare di preciso o cosa aspettarsi, ma volendo tuttavia saperne di più del variegato mondo in cui scopriva sempre più di vivere.

MESI SEGUENTI
Continuando a camminare verso sud, Merryl incontrò ad un certo punto una strada, e quella percorse fino ad arrivare infine alla città di Lopolla. Dopo giorni di cammino e praticamente nessun incontro, tranne qualche viaggiatore che lo guardava con un misto di curiosità e sospetto e qualche ben protetta carovana di mercanti, aveva infatti voglia di vedere più da vicino quello strano popolo, anche perché i luoghi che aveva visto durante il cammino gli erano sembrati del tutto simili a quelli in cui era nato e vissuto, e quindi senza alcun elemento di interesse per lui.
Il primo contatto con la città non fu felice, dato che si accorse rapidamente di quanto fosse difficile guadagnarsi da mangiare: sebbene fosse ben intenzionato a rimboccarsi le maniche, in tutte le botteghe, i panifici e le scuderie in cui aveva chiesto un impiego si era sentito rispondere che era un po’ troppo piccolo e debole per fare il fabbro o svolgere un qualunque lavoro faticoso – l’unico tipo di cui la richiesta era sempre abbondante in una città prosperosa come quella. Si mise a cercare di racimolare almeno i soldi per i pasti svolgendo piccoli compiti per i numerosi mercanti e forestieri di passaggio, come portare per loro i messaggi (di cui non mancavano mai) da una parte all’altra della città, fare da guida a chi gli chiedeva dove fosse il tal posto e anche portargli i bagagli fino alla locanda dove alloggiava. Quando non trovava proprio nulla da fare racimolava qualche soldo facendo il buffone in osteria, camminando sulle mani e facendo salti mortali e piroette, ma erano poche le persone che sembravano gradire e magari lo invitavano al loro tavolo per un piatto di zuppa; più di una volta aveva dovuto dormire sotto un albero fuori dalle mura cittadine, dato che le guardie non tolleravano che la gente dormisse per strada o in luoghi che non fossero le locande.
Proprio mentre stava mangiando in disparte un pezzo di pane, unico regalo di un rubicondo mercante che dall’umore sembrava aver appena concluso un buon affare, fu avvicinato da un tipo curioso, vestito in una maniera che si direbbe raffinata, il quale gli chiese se non si fosse stancato di vivere così, alla giornata, da pezzente. Lo stupore di Merryl fu grande: come poteva quell’individuo sapere tutte quelle cose della sua vita, se non gli aveva mai nemmeno parlato o lo aveva visto in giro? Ma la curiosità scacciò la diffidenza che aveva provato in un primo istante, anche perché il tono della sua voce era calmo e amichevole, e decise che ascoltando cosa aveva da dire non avrebbe in ogni caso potuto peggiorare la sua situazione.
Tre mesi dopo, Merryl passava ogni sua notte in una locanda diversa; certo erano poche quelle che dedicava unicamente al riposo, ma in compenso adesso aveva sempre pasti e camere assicurate. La conoscenza della città che aveva messo insieme facendo il portapacchi gli era sicuramente tornata utile, perché sapeva sempre il momento e il posto giusto in cui essere quando le sue finanze iniziavano a scarseggiare pericolosamente. Una fiera qua, un mercato là, un’asta pubblica… tutto andava bene! Non si vergognava di quello che faceva: “Che potrà mai essere una moneta d’oro in meno per un mercante che in un solo scambio ne guadagna decine e decine, e da domani non vedrò mai più in vita mia?” pensava fra sé mentre allungava furtivo la mano verso il suo borsello. Ormai in città non passava ora senza che ammiccasse ad un passante, che prima di sparire dalla sua vista ricambiava furtivo l’occhiata d’intesa, facesse un cenno ad un anonimo avventore di una taverna o sorridesse ad un banditore d’aste… anzi, sapeva che di lì a poco sarebbe arrivato un circo e ogni volta che ci pensava si sfregava le mani: non solo pensando al facile bottino, ma soprattutto perché era impaziente di vedere le belve che erano state preannunciate con largo anticipo, e forse lui aveva già visto con la fantasia nei racconti di Bitto SenzaTetto….

CARATTERE
Merryl fra la sua gente era un ragazzo vivace e piuttosto discolo, anche se preferiva non creare troppi problemi alla sua famiglia rispettando molto il padre a la madre. Cercava di non esser mai il primo a gettar la pietra, anche se spesso era lui a provocare le quattro o cinque persone che non gli andavano a genio del villaggio, ma non si tirava certo indietro nel caso queste avessero risposto alle sue parole con i fatti.
La vita pacifica del villaggio tutto sommato non gli dispiaceva, anche perché sul mondo esterno non sapeva praticamente nulla eccetto le poche parole del padre (“Stai sempre lontano dalla gente alta, è un popolo strano e troppo eccentrico, confusionario, numeroso: pensa che in uno dei loro accampamenti è facile che due persone non si conoscano nemmeno!”). I racconti di Bitto erano stati il primo grande scossone a quelle che lui considerava le sue certezze: la famiglia, il villaggio e la vita quieta.
Dopo aver assistito al passaggio dei cavalieri, tuttavia, ha intuito che quel popolo era sì strano e pericoloso, ma anche immensamente progredito, e sicuramente sapeva fare moltissime cose che al villaggio nessuno aveva mai nemmeno sentito nominare. Avendo ormai raggiunto l’età adulta, ed essendo padrone della propria vita, decise che voleva viaggiare un po’ come il misterioso Bitto, per poter poi magari tornare al villaggio e comunicare a tutti quello che aveva scoperto. Il primo impatto con la città è stato poco piacevole; anche nel periodo successivo il bisogno di imparare una professione (magari non proprio nobilissima) per procurarsi da mangiare aveva assorbito quasi completamente le sue energie… ma pian piano l’antico richiamo per cui aveva lasciato il villaggio era tornato a gridare in lui ancora più forte, spingendolo a unirsi sempre al tavolo di qualsiasi gruppo di avventurieri gli capitasse di notare in locanda per farsi raccontare le loro avventure. Un paio di volte aveva cercato di chieder loro direttamente se avesse potuto unirsi alla compagnia, ma dopo un veloce sguardo si erano sempre messi tutti a ridere, dicendogli che fra qualche anno (e qualche etto in più) avrebbero volentieri preso in considerazione la sua proposta. Era dunque giunto alla conclusione che forse doveva mettere in mostra lui per primo le sua capacità, dato che pochi sembravano essere a conoscenza del fatto che non si può giudicare una persona dall’altezza… Grazie agli eventi del circo [vedi l’avventura “Tutti al circo!”] Merryl ha intuito che il gruppo è piuttosto navigato, non essendo fuggito di fronte alla belva distorcente e soprattutto avendo utilizzato trucchi magici che gli sono piaciuti moltissimo, per non dire che lo hanno lasciato a bocca aperta (la spada apparsa all’improvviso e i dardi e fulmini di Haluin). Appena ha visto ciò ha capito di aver fatto una buona scelta a sedersi vicino a quell’omaccione un po’ tronfio di sè che aveva notato al circo, e ha cercato a sua volta di mettersi in evidenza: per questo ha estratto la fionda e attaccato la belva, scappando appena quella sembrava prendersela. Ovviamente ha cercato di non contrariare nessun membro del gruppo, e quando ha visto che si volevano occultare i cadaveri al circo ha accettato tranquillamente: questo e altro per poter lasciare quella ormai monotona città e girare al pari di Bitto per il mondo selvaggio. Quando nessuno ha obiettato al fatto che si unisse anche lui al gruppo nella ricerca dei cuccioli della belva distorcente è salito al settimo cielo, intuendo che quello era forse il passo più difficile e importante ed era stato compiuto con successo. Moralmente Merryl è un bravo ragazzo, come tutti gli halfling, nel senso che difficilmente ucciderebbe qualcuno senza un valido motivo, o se avesse la possibilità di cavarsela diversamente; tuttavia, pur di rimanere nel gruppo, sarebbe disposto a non lamentarsi eccessivamente nel caso in cui qualcuno fosse ucciso (con delle limitazioni riguardo agli indifesi, per esempio). Quando è in pericolo la sua vita, ovviamente si difende fino allo stremo.
Non è palesemente avverso alle leggi, nel senso che gli piacciono (e condivide) alcuni diritti fondamentali che esse garantiscono, come quello a vivere; il caos e l‘anarchia porterebbero secondo la sua visione il contrario, e il più forte dominerebbe sul più piccolo (lui!). Inoltre un minimo di protezione dai grandi e prepotenti gli serve oggettivamente, dunque non guarda con ostilità ad esse. Infrange la legge quando ruba qualcosa, ma per adesso sono state cose di piccolo conto, e comunque a gente che non ne aveva più di tanto bisogno, e quindi si considera in pace con sé stesso; per azioni più gravi, come uccidere o torturare a scopo di lucro, la sua coscienza avrebbe molto da ridire e difficilmente si lascerebbe convincere. Insomma interpreta un po’ il codice come gli conviene, senza violarlo mai però troppo apertamente; rispetta la vita altrui e non la giudica troppo velocemente, perché sa quanto possa essere duro procurarsi da vivere.